martedì 6 marzo 2007

Il giornalismo: le parole non sono neutre. Prof. Pira

Esiste un linguaggio per gli uomini e uno per le donne, ha senso parlare di genere quando la parola si trasforma in scrittura, in suono o immagine?

Le parole non sono neutre. Questa affermazione assume quasi valore assiomatico nella comunicazione. Basti pensare a quanto affermava Arthur Krock (Corrispondente dell’Associated Press) nel lontano 1963, quando sentenziò:

...se ci riesce la colpa è della stampa. Kennedy, manipola le notizie in modo impudente, cinico e scaltro”.

Dunque la riflessione deve partire prima di tutto dalla parola e come affermava Piero Ottone, maestro del giornalismo italiano nel suo “Storia del giornalismo italiano”:

La parola, il linguaggio, la comunicazione servono anzitutto a manifestare bisogni, ad avanzare richieste, a imporre comportamenti; tendenzialmente, a dare ordini, affinché prevalga la nostra volontà...Ma la parola serve anche a raccontare; a raccontare qualche cosa per il gusto di farlo, senza chiedere nulla in cambio...Raccontiamo perché col racconto entriamo in contatto con altre persone, stabiliamo un rapporto, sfuggiamo alla solitudine, non siamo più soli: anche per questo ogni essere umano sente il bisogno di comunicare.


Allora, una prima distinzione possibile è tra parola parlata e parola scritta. Il linguaggio giornalistico è sempre di più una contaminazione di questi due aspetti, e va addirittura oltre. I sensi del pubblico sono più coinvolti, vista, udito, tatto e addirittura olfatto. I media le tecnologie ad essi associate amplificano l’aspetto emozionale a discapito di quello razionale.

Il linguaggio strumento essenziale per l’intelletto umano, è ciò che gli consente di alfabetizzarsi di ampliare le proprie conoscenze, di staccarsi dal coinvolgimento emotivo e di acquisire maggiore coscienza.
Così la parola parlata, si trasforma in un discorso nel quale intonazione, lessico, sintassi e mimica accompagnano le idee che attraverso le parole trovano una rappresentazione. Da questo insieme colei/colui che ascolta in modo rapido e in parte implicito riceve un messaggio che viene quindi elaborato e che da origine ad una reazione, forma un’opinione.

La parola scritta lascia il tempo della sedimentazione, scorre solo attraverso l’unione di lessico e sintassi, essa risuona nella mente di ognuno con una intonazione ogni volta diversa.
Ma in entrambe i casi l’aspetto fondamentale che si associa al modo con cui si da forma alla parola è la percezione, il modo in cui essa è recepita, assorbita dal pubblico e da luogo al processi di formazione dell’opinione.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Dopo le ultime vicende relative allo scandolo di “vallettopoli” sarebbe opportuno che si aprisse una riflessione serena sulla “notiziabilità”, ovvero sul diritto di cronaca, di alcune notizie che vengono “passate” dai massmedia. Tralasciando l’aspetto giuridico che ha interessato in queste ore il Portavoce del Presidente Prodi, sul quale già è intervenuto il Garante della Privacy, sarebbe giusto che ci interrogassimo su ciò che il “pubblico” vuole “ascoltare”. O, su quanto davvero alcune “notizie” possano interessare l’intera opinione pubblica. Analizzando i dati che vengono fuori dall’Auditel (e quindi da ciò che si nutre l’editoria televisiva), emerge che, purtroppo, la nostra società, forse nella sua “maggioranza”, è pienamente presa e coinvolta da inciuci, amori, tradimenti. Un costume che tanti criticano ma che, a seconda delle opportunità, viene ripreso come strumento, in alcuni casi, ricattatorio. Questa è l’Italia a cui piace Cristicchi, che parla dei matti, ma che si guarda bene da aiutarli; che è religiosamente pacifista ma che sta nei teatri di guerra; che critica il “Grande Fratello” ma é inesorabilmente “integrata” nel mondo orwelliano. Una Italia senza una vera identità, pronta a “sparare giudizi” su “vizi individuali”. Pronta a criticare la fecondazione assistita, lasciando emigrare tanti concittadini in altri Paesi europei. Pronta a sputare veleno contro politici a cui hanno manifestato “riverenza” per interi lustri. Pronta a spendere parola a favore dell’ambiente fino ad affermare “Not in my back Green”. Una Italia in cui, chi si occupa di informazione/comunicazione, dovrebbe parlare con più rispetto o, quanto meno dedicare maggiore attenzione, verso temi e problemi reali della nostra società…domani vado a puttane, spero che non vi interessi!