mercoledì 18 aprile 2007

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Un saluto
Luigia

giovedì 5 aprile 2007

I salari più bassi d'europa:quelli italiani.

L’Unione europea manda un segnale: l’Italia deve mantenere il costo del lavoro al di sotto della media dell’Ue. Detto e fatto. L’Eurispes avverte che le buste paga nazionali sono le peggiori del Continente…

Il paradosso dei salari
Sembra una volata a due. Da una parte la Commissione europea dice al nostro paese che deve mantenere il costo del lavoro al di sotto della media Ue. Il verbo è “mantenere”, per il semplice fatto che in Italia i salari sono già tra gli ultimi del Vecchio Continente.
Ci pensa l’istituto di ricerca Eurirpes, a ruota del rapporto trimestrale sull’andamento dell’economia zona euro, a sottolineare la situazione. Già, perché l’istituto dice a chiare lettere che dal 2000 al 2005, i salari italiani sono cresciuti del 13,7%. La media europea è del 18%.
Insomma, se l’invito è a darci da fare per tenere sotto controllo l’inflazione tra i paesi che hanno aderito alla moneta unica, allora va detto che il nostro compito a casa è già stato svolto in buon ordine. Sempre di tasca nostra.

Anzi, in termini di potere d'acquisto siamo addirittura inferiori a quelli della Grecia e superiori, in Europa, solo a quelli del Portogallo, tanto che la ricerca Eurispes è stata intitolata: "Povero lavoratore: l'inflazione ha prosciugato i salari".
Il paradosso dei salari

Non solo. Negli ultimi tre anni, sottolinea l'Eurispes, "la nostra posizione è peggiorata: nel 2004 ed ancora nel 2005 le nostre retribuzioni nette erano superiori a quelle greche e appena inferiori a quelle spagnole: nel 2006 vi è stato il sorpasso della Grecia". Quindi - si legge nel rapporto - se a fine mese un dipendente italiano mette in tasca mediamente 16.242 euro, un tedesco arriva a 21.235, un inglese a 28 mila. Il risultato è la "posizione infima del lavoratore italiano" quanto agli stipendi netti e "penultimo nel 2006 fra tutti i paesi europei".

L'effetto congiunto dell'erosione del potere d'acquisto causata dall'inflazione, dell'elevato peso del cuneo fiscale e della contenuta dinamica salariale insieme concorrono a spiegare buste paga fra le più leggere d'Europa.
Senza contare il peso delle tasse. Perché allora, dice Eurispes, il cosiddetto cuneo fiscale "appare, se confrontato con quello degli altri Paesi europei, particolarmente gravoso nel nostro Paese", e "tanto più punitivo in quanto la base di partenza (ossia il salario lordo) è molto al di sotto della media europea e poco più della metà di quello dei tedeschi, degli inglesi e dei danesi".
Punitivo ancora di più se il lavoratore è un single, mentre le cose migliorano quando la busta paga fa riferimento ha una persona con tre figli.

Ma non è niente di nuovo. Anzi, ci sono anche delle aggravanti che rivelano che la dinamica è punitiva non per tutti. Una ricerca del colosso delle risorse umane, Adecco, avvertiva qualche mese fa che negli ultimi cinque anni gli stipendi dei manager sono cresciuti molto più velocemente dei prezzi. Aumentando il divario con i salari di operai e impiegati.
Se poi si guarda ai top manager la situazione diventa disastrosa. Alessandro Casiccia, docente di sociologia all’Università di Torino, dice: “Il punto è che c’è anche in Italia un problema di distribuzione. I più alti vertici di una multinazionale in media incassano oggi 500 volte di più di un salario medio. Solo 20 anni fa il rapporto si fermava a 45 a 1”.

Secondo un rapporto del 2003 del Worldwatch Institute (esteso anche a realtà più piccole) nel nostro paese gli amministratori delegati italiani sono al 4° tra i più pagati al mondo, in media 30 volte in più di quello che riceve in media un operaio dell’industria. Secondo l’analisi in media un manager italiano porta a casa 600mila dollari contro i 19mila del salariato.
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